«Avevo sentito parlare delle iridescenze stupende dell’aurora sul Mare Jonio, quando la si contempla dalla vetta dell’Etna. Stabilii di intraprendere l’ascensione di quella montagna; passammo dalla regione delle vigne a quella della lava, poi della neve. Il fanciullo dalle gambe di danzatore correva su quelle ripide chine; i sapienti che mi accompagnavano salirono a dorso di muli. Sulla cima era stato costruito un rifugio ove poter attendere l’alba. Questa alfine spuntò: un’immensa sciarpa d’Iride
si distese da un orizzonte all’altro; strani fuochi brillarono sui ghiacci della vetta; la vastità terrestre e marina si dischiuse al nostro sguardo sino all’Africa, visibile, e alla Grecia che s’indovinava. Fu uno dei momenti supremi della mia vita. Non vi mancò nulla, né la frangia dorata di una nube, né le aquile, né il coppiere dell’immortalità.»
(M. Yourcenar, Memorie di Adriano, Torino, Einaudi, 2014, p. 154.).
La proverbiale intensità delle parole tratte da un capolavoro letterario del Novecento, quale è stato Memorie di Adriano, ci offre la possibilità di comprendere quanto abbia rappresentato e continui a rappresentare nella letteratura il mito dell’Etna, il vulcano posto al centro del mar Mediterraneo assurto a topos senza tempo e senza confini.
Un patrimonio inestimabile, un contesto geografico ricco di suggestioni, di colori, di suoni.
Si constata limpidamente quanto viene offerto dalla muntagna àspira, per dirla con Santo Calì (S. Calì, La notti longa. Vol. I – Canti siciliani, Linguaglossa, Centro studi Santo Calì, 1972, pp. 69-70),
musa ispiratrice di cultori delle arti e delle lettere. Si pensi a quanti hanno eternizzato il viaggio e la scoperta del vulcano attraverso i loro scritti, caso emblematico l’esperienza vissuta dai voyageurs del Settecento, uno su tutti Dominique Vivant Denon: «Tout ce que la nature a de grand, tout ce qu’elle a d’aimable, tout ce qu’elle a de terrible, peut se comparer à l’Etna, et l’Etna ne peut se comparer à rien.» (D. Vivant Denon, Voyage en Sicile, Parigi, Didot l’aîné, 1788, p. 15)
Non solo le parole, ma anche le immagini danno il senso dell’indelebile bellezza dei paesaggi etnei e dei suoi volti. Nell’autunno del 1962, in un reportage fotografico condotto da Enzo Sellerio, fondatore dell’omonima casa editrice, il territorio etneo fu protagonista della sua consacrazione come scrittore che scrive per immagini. La figlia Olivia, intervistata anni dopo, ha dichiarato a proposito: «Quel viaggio nel cuore dell’Etna rappresenta forse il suo corpus più felice.» (C. Vecchio, Sono io la ragazza sul balcone simbolo della Sicilia grazie a Sellerio, in ‘La Repubblica’, 13 agosto 2017)
Il legame tra i cinque sensi e il vulcano è parte del fil rouge su cui si costituisce la sezione che il Parco dell’Etna intende dedicare al patrimonio culturale etneo, in tutte le sue forme, nelle arti e nelle lettere.
Andrea Giuseppe Cerra