L’attività vulcanica dell’Etna è documentata da almeno 2700 anni. Già gli autori classici, Diodoro Siculo, Tucidide, Empedocle hanno raccontato delle eruzioni dell’Etna nelle loro opere. La documentazione scientifica e la cartografia relative agli Studi del Vulcano, risale al XVII secolo e studi sistematici sono stati condotti nel XIX secolo da famosi scienziati europei come Charles Lyell e Sartorius von Waltershausen.
L’Etna, ha attirato, nel corso del XVII e XVIII secolo, viaggiatori e studiosi del Grand Tour, provenienti dall’Europa che visitavano l’Italia per conoscere il suo immenso patrimonio culturale e naturale.
Il nostro vulcano è monitorato costantemente dagli studiosi delle sezioni di Catania e Palermo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, nonché dai ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Firenze. Questi Centri di Competenza utilizzano diversi sistemi di monitoraggio che misurano costantemente l’attività vulcanica. La rete di monitoraggio si compone di diversi sistemi: sismico, acustico, geochimico, delle deformazioni del suolo, magnetico, gravimetrico, radar, visivo con telecamere ottiche e termiche. I dati acquisiti dalla rete multi-parametrica, cioè che misura diversi tipi di grandezze, vengano integrati con informazioni provenienti da sensori satellitari ottici, termici e radar ad alta risoluzione che permettono l’osservazione del vulcano anche in caso di copertura nuvolosa.
L’Etna presenta numerosi esempi di cavità sotterranee di genesi differente. I tubi o gallerie di scorrimento o svuotamento lavico, rappresentano l’esempio più noto di queste cavità, tuttavia non mancano le grotte in fratture eruttive. Delle oltre 200 censite e descritte dagli speleologi, alcune costituiscono ambienti genetici di minerali rari e, costituiscono ecosistemi unici per la presenza di particolari forme vegetali e animali, oggetto di studio della bio-speleologia.
Alcune di queste cavità sono state utilizzate come depositi di neve (niviere). La neve veniva accumulata e conservata in grandi insenature, dette “tacche”.
La Grotta del Gelo è forse la cavità vulcanica etnea più conosciuta e riveste una grande importanza dal punto di vista vulcano-speleologico, come esempio di cavità vulcanica di grandi dimensioni e per la presenza di ghiaccio, che ne riempie circa il 40% del volume, a quota relativamente modesta, considerando la Latitudine. (Latitudine 37° 48’ 20″ Nord; Longitudine 14° 59’ 05″ Est). La peculiarità del fenomeno glaciologico verificatosi nella Grotta del Gelo ha richiamato, nel tempo, l’interesse di naturalisti e geologi che hanno cercato di spiegare il fenomeno o di descriverne l’evoluzione.
Dal 1997 ad oggi, il Parco, unitamente agli speleologi del Centro Speleologico Etneo di Catania, ha monitorato l’ambiente ipogeo e la distribuzione della massa ghiacciata, rilevando che la stessa è stata notevolmente influenzata dalle mutate condizioni meteorologiche. In tutto il bacino del mediterraneo è stato rilevato un aumento delle temperature, che ha determinato un incremento dell’umidità e conseguentemente delle piogge; in aree montane, come l’Etna, tutto ciò ha portato alla diminuzione delle precipitazioni nevose.