570.000 anni fa

La formazione del vulcano

Descrizione

Per cercare di capire l’inizio dell’affascinante storia di questo vulcano, cercheremo di fare un brevissimo viaggio nel tempo in un periodo remotissimo per noi, circa 570 mila anni fa, chiamato dai geologi Pleistocene medio iniziale. In quel tempo, in un mare poco profondo, le acque dei fondali ribollivano, riscaldate da emissioni di vapori sottomarini e le lave incandescenti risalivano lungo fessure infiltrandosi nella fanghiglia e sollevando il fondo del mare. Oggi, in quest’area vediamo i paesi di Acicastello e Acitrezza.

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Dalla piazza di Acicastello, scendendo le scale che portano al mare, vediamo la rupe su cui sorge il Castello e possiamo ammirarne le particolarissime rocce. Sono formazioni laviche a forma di cuscino (pillows) e un ammasso di rocce vulcaniche vetrose (jaloclastiti, dal greco frammenti = jalos di vetro = clastos).

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Se invece andiamo ad Acitrezza e abbassiamo lo sguardo sulle rocce del porto, dove vengono tirate a secco le barche, restiamo a bocca aperta: abbiamo di fronte un perfetto incastro di rocce poligonali. Sono la parte superiore di grandi prismi di durissima roccia vulcanica che ci danno informazioni sulla loro solidificazione e sulla profondità in cui è accaduto tutto questo. Anche l’Isola Lachea e i Faraglioni di Acitrezza, che la leggenda vuole lanciati in mare dal ciclope Polifemo per colpire la nave di Ulisse, sono formati dagli stessi basalti. Queste rocce sono sovrastate da altre di colore chiaro, ricche di fossili e di cristalli nati in seguito alla trasformazione dei minerali, componenti le argille del fondo marino.

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Approfondimenti

Quando l’Etna iniziò la propria attività, la costa ionica della Sicilia formava un’ampia insenatura, chiamata golfo pre-etneo, che occupava gran parte dell’area dove oggi sorge il vulcano. In profondità, al largo del golfo, si andavano depositando sedimenti argillosi, mentre i fondali più superficiali e costieri erano sabbiosi. Gli abitanti di questo antico mare freddo erano soprattutto molluschi, simili alle attuali lumache, protetti da conchiglie, provenienti dal Nord Atlantico, che si adattarono alle basse temperature della sopraggiunta glaciazione. Filmato LIS
Man mano che il golfo si riempiva di sedimenti e il mare diventava sempre meno profondo, contemporaneamente, tutta l’area veniva sollevata da imponenti forze geologiche ancora oggi attive. Così, nel tempo, le conchiglie dei molluschi, insieme ai sedimenti del fondale, emersero dall’acqua ed oggi le ritroviamo come fossili in diversi punti intorno al vulcano. Tra questi fossili, chiamati “ospiti nordici”, oggi troviamo Arctica islandica, protetta da una conchiglia a due valve, e Neptunea contraria, con una conchiglia a spirale che si avvolge verso sinistra, cioè in direzione opposta a quella di tante altre specie. Filmato LIS
Gli studiosi pensano che in questo periodo freddo alcuni mammiferi giunsero in Sicilia discendendo dalla penisola attraverso un piccolo ponte di terre emerse nell’area dove oggi c’è lo stretto di Messina. Qui trovarono temperature più miti, adatte alla loro sopravvivenza. Fu così che la Sicilia si popolò di elefanti nani, alti appena un metro, discendenti dei primi arrivati, appartenenti alla specie endemica Palaeoloxodon falconeri, un elefante piccolissimo ormai estinto. Gli elefanti pigmei, grazie alle ridotte dimensioni, potevano trovare sull’isola, cibo e acqua a sufficienza per sopravvivere. Preferivano ambienti acquitrinosi di boscaglia, abitati anche da cigni giganti e anatre, e si spostavano anche all’interno di vicine grotte costiere, come quella di Spinagallo, sugli Iblei. Filmato LIS