14.000 9.200 anni fa

La Valle del Bove e il Chiancone

Descrizione

La Serra del Salifizio a Sud e quella delle Concazze a Nord, delimitano l’enorme anfiteatro naturale della Valle del Bove dalla caratteristica forma “a ferro di cavallo” (perimetro circa 18 km – area circa 37 kmq), che rappresenta uno dei più affascinanti e selvaggi ambienti naturali dell’Etna. Le dimensioni delle Valle del Bove ci danno un’idea dei 135 km di perimetro del complesso vulcanico etneo e dei 1.250 kmq di superficie coperta da prodotti emessi dall’Etna, che raggiunge i 3.329 m. di altezza al Cratere di Nord Est.

Il recinto calderico è costituito, a Nord e a Sud, da alte pareti scoscese, con altezze comprese tra i 400 e 1000 metri. Queste pareti sub-verticali includono le testate di antichi banchi lavici, che con pendenze varie si immergono in direzione opposta alla Valle e costoni rocciosi, noti come Serre, costituiti da Dicchi magmatici (ossia intrusioni di lave lungo assi strutturali) messi in luce dall’erosione selettiva, che tagliano le formazioni geologico-stratigrafiche affioranti, e rappresentano gli antichi sistemi di alimentazione magmatica.

Alle Serre si alternano i Canaloni, incisioni vallive dove si accumulano i detriti provenienti dallo smantellamento dei banchi lavici e che danno luogo, a valle, a conoidi di deiezione. Mentre gli orli delle pareti settentrionale ed occidentale digradano dolcemente rispettivamente verso Est e verso Sud, l’orlo della parete orientale presenta invece delle forti discontinuità, sotto forma di avvallamenti, in corrispondenza di profondi solchi vallivi che interessano il versante esterno della parete (Valle del Tripodo, Valle degli Zappini). Tali discontinuità sono il risultato sia di limiti stratigrafico-strutturali di differenti complessi eruttivi sia di accidenti vulcano-tettonici.

9200 anni fa, in seguito a giganteschi fenomeni franosi nel versante orientale si è formata un’estesa conoide, costituita da depositi detritici alluvionali più o meno cementati e irregolarmente stratificati in banchi,  costituiti da ciottoli e blocchi vulcanici litologicamente eterogenei immersi in una matrice sabbiosa, nonché a tufi, spessi centinaia di metri, come hanno meglio chiarito le indagini geofisiche e le campagne oceanografiche, eseguite negli ultimi anni, affiorano estesamente nel basso versante orientale, tra gli abitati di Giarre e Riposto e sono localmente noti come “Chiancone”.

Approfondimenti

Tutte le manifestazioni vulcaniche sono oggetto di una fitta rete di monitoraggio realizzato dall’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia, i cui rilievi forniscono dati scientifici alle decisioni e alle attività della Protezione Civile. L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sezioni di Catania e Palermo effettua il monitoraggio dell’Etna attraverso una serie di reti sismiche e geochimiche, costituite da centinaia di stazioni multiparametriche che trasmettono in continuo i dati fisici (Telecamere in visibile e infrarosso, sismici, infrasonici, geodetici, interferometrici), meterologici (temperatura, umidità e pressione atmosferica, piovosità, direzione e velocità del vento) e chimici (CO2, SO2, HCl, HF, H2O, Br. In tal modo, l’I.N.G.V., svolge anche una considerevole attività di supporto alla Protezione Civile, che nello stabilire i piani di emergenza, individua gli interventi di prevenzione legati alle varie tipologie emergenziali. La Protezione Civile nasce nel 1982, all’indomani del terremoto in Irpinia, caratterizzato dal drammatico ritardo dei soccorsi e dall’assenza di coordinamento nella gestione dell’evento, per rispondere alla necessità di istituire una struttura capace di mobilitare e coordinare tutte le risorse nazionali utili ad assicurare assistenza alla popolazione in caso di grave emergenza. La legge n. 225 del 1992 assegna al Dipartimento compiti di indirizzo, promozione e coordinamento dell’intero sistema nazionale, in stretto raccordo con le Regioni, coordinando tutte le attività volte alla previsione e alla prevenzione dei rischi, al soccorso e all’assistenza delle popolazioni colpite da calamità, al contrasto e al superamento dell’emergenza. Le strutture operative della P.C. sono: i Vigili del Fuoco, le Forze Armate, la Comunità scientifica, il Servizio Sanitario Nazionale, le organizzazioni di volontariato, il Corpo Nazionale di soccorso alpino e speleologico.
L’Etna, la mitica Fùcina degli Dèi, è un vulcano composito assai complesso, originatosi in seguito alla sovrapposizione e giustapposizione di prodotti eruttivi emessi in tempi differenti attraverso diversi sistemi di risalita magmatica. La genesi e la struttura dell’Etna sono materia di interessanti raffronti con manifestazioni vulcaniche di altre aree. L’Etna testimonia diversi aspetti del vulcanesimo, dalla tranquilla effusione di lava sino ad esplosioni gigantesche, così violente da sconvolgere enormi superfici e rappresenta un esempio per lo studio della vulcanologia a livello internazionale. Infatti, costituisce un vero e proprio laboratorio naturale per la comunità scientifica, presentando un completo panorama di manifestazioni vulcaniche e di formazioni geologiche che lo rendono unico nella sua complessità. L’Etna, infatti, ha una storia complessa che ha portato alla edificazione di differenti edifici vulcanici intorno a diversi assi eruttivi. L’Etna è diversa per dimensioni, forma e caratteristiche geologiche dagli altri vulcani della catena appenninica Vesuvio, Campi Flegrei, Monte Amiata, Laghi di Bolsena, Vigo, Bracciano Albano e Nemi, prevalentemente caratterizzati da attività esplosiva. Diversa dai vulcani del Tirreno meridionale Lipari e Vulcano, quiescenti e molto esplosivi, e Stromboli, attivo e caratterizzato da un solo edificio vulcanico che emerge dalle acque per circa 900 metri mentre altri 2000 metri sono sott’acqua. Diversa ancora dai vulcani sottomarini quiescenti Vavilov, Marsili, Magnaghi o dai vulcani del Canale di Sicilia tra i quali ricordiamo l’isola Ferdinandea, emersa nel luglio del 1831 e sommersa nel dicembre dello stesso anno e oggi presente come seamount a circa 6 metri di profondità a largo di Sciacca. L’isola Ferdinandea altro non è che la parte emersa di un apparato secondario del gigantesco vulcano Empedocle.