1.470A.C. giorni nostri

Le eruzioni e le colate laviche nel periodo storico

Descrizione

La prima eruzione documentata dell’Etna (Diodoro siculo) è quella del 1470 a.C. Il territorio su cui sorge l’odierna città di Catania è stato invaso da numerose colate laviche (datate e non) provenienti da eruzioni laterali ed eccentriche, che lo hanno radicalmente trasformato. La linea di costa era molto più arretrata e frastagliata dell’attuale ed inoltre la superficie su cui si estendeva la città era minore; le lave infatti hanno contribuito a creare nuove terre laddove c’era il mare.

Alcune di queste eruzioni, alla luce dei metodi di datazione basati sull’archeomagnetismo, risultano riferite a epoche diverse da quelle riferite nei documenti storici. Ad esempio, le lave del Crocifisso originate nel 1381 dai Monti Arsi che si spinsero sino a Sant’Agata Li Battiati e Gravina e poi ancora tra il Fasano e Leucatia e quindi a Catania, lungo l’area dove attualmente si sviluppa la circonvallazione, distruggendo lungo il loro cammino tutti gli oliveti e arrivando in mare tra il Gaito ed il Rotolo, sarebbero riconducibili ad eventi eruttivi occorsi almeno mille anni prima; così come le lave del 425 d.C. “Rotolo” risalirebbero ad almeno 350 anni prima, se non addirittura ad epoca preistorica, e le lave del 122 d.C. sarebbero invece preistoriche.

Il dinamismo che oggi conosciamo sull’Etna si è stabilito da poco meno di 2000 anni. Nel 1669 si è originata l’ultima grande eruzione, con le conseguenze che ben conosciamo, ha avuto origine nei pressi di Nicolosi (M. Rossi) e distrusse molti villaggi, coltivi e parte della città di Catania.

Negli ultimi decenni, a partire dal 1971 abbiamo osservato eventi effusivi ed esplosivi con una frequenza che negli ultimi 10 anni ha raggiunto valori molto, molto elevati. Durante l’eruzione del 1983 vi fu il primo tentativo, in epoca moderna, di deviazione di una colata. Negli anni 1991-93 vi fu una delle più grandi eruzioni del secolo scorso per durata e quantità di lave emesse, che ricoprì buona parte della Valle del Bove e completamente la Valle Calanna e che viene ricordata anche per gli interventi eseguiti a protezione dell’abitato di Zafferana etnea. Varie eruzioni recenti (1999/2000, 2001, 2002/2003, 2004, 2006, 2008, 2009-2017) per frequenza e intensità, non hanno eguali nella storia recente del vulcano. Centinaia di coni ed apparati secondari, talora dalle dimensioni imponenti, isolati o allineati lungo fratture eruttive, sono i punti di emissione di prodotti piroclastici generati in seguito ad un’intensa attività esplosiva delle bocche periferiche durante un’eruzione laterale e rappresentano una delle peculiarità della fisiografia generale dell’Etna.

Questa condizione naturale, pur nella eccezionalità degli eventi vulcanici, rientra nella dinamica evolutiva dell’Etna, ma ci esorta a non sottovalutare il potenziale pericolo di una non corretta pianificazione territoriale in un’area di grandissimo pregio naturalistico che dal 1987 è parco naturale.

Approfondimenti

Il Mongibello recente è un vulcano a condotti craterici aperti: il Centrale, formatosi nella notte dei tempi, il Nord-est formatosi per collasso del centrale nel 1911, la Bocca Nuova o Voragine Ovest del 1968 e il Sud-est originatosi nel 1971 e modificatosi ampiamente a partire dal 1999 ad oggi. Le colate presentano generalmente superfici aspre e tormentate, costituite da lave a blocchi e frammenti di aspetto scoriaceo (lave aa), più raramente a superfici regolari (lave pahoehoe). In altri casi le colate sono ricoperte da lastroni variamente disarticolati ed accatastati, che danno origine a rilievi tumuliformi o creste. Molto belli sono i Dammusi, lastroni piani più o meno regolari creati dall’immediato raffreddamento di lave fluide sollevate all’improvviso dall’azione di grandi bolle di gas. Devono il loro nome al fatto che, come i tetti arabi a dammuso, presentano estesi ripiani cavi che risuonano al passo.
Le immagini pittoriche più antiche del vulcano risalgono al 1651. In quell’anno il versante ovest dell’Etna venne segnato da una importante eruzione laterale che causò ingenti danni al territorio di Bronte. Il percorso della lava viene descritto con una sensibilità sorprendentemente realistica in alcuni dipinti coevi, conservati a Bronte. Gli autori dei dipinti inseriscono l'Etna in attività sullo sfondo dei loro paesaggi e rappresentano, in maniera molto fedele, la morfologia del versante occidentale dell’Etna. Tra il 1730 e il 1830 nasce il concetto di pittoresco, entrando nella terminologia critica con preciso riferimento alla raffigurazione di una natura selvaggia quale la si trovava nei quadri di S. Rosa o di C. Lorrain. L’Etna, con le sue forme irregolari, il suo volume imponente e i colori brillanti della sua vegetazione, si presta perfettamente a questo tipo di interpretazione pittoresca ed infatti si registra un notevole interesse nei confronti dei fenomeni naturali ed in particolare delle eruzioni vulcaniche, un tema che ben si legava al celebrato modello estetico del sublime. Questo soggetto era divenuto talmente comune in pittura che Pierre-Henri de Valenciennes dedicava uno specifico paragrafo dei suoi Elements de perspective pratique à l'usage des artistes (1799) proprio a L'éruption d'un volcan, raccomandando ai pittori di rappresentarne la forma conica al tramonto, possibilmente in un momento in cui il vapore, ricoprendone una parte, crea un contrasto col caratteristico colore scuro della lava. Queste indicazioni influenzarono notevolmente la produzione grafica degli innumerevoli artisti in viaggio che scelsero l'Etna come oggetto della loro rappresentazione.
Il percorso evolutivo del disegno delle eruzioni dell’Etna inizia durante il XVII secolo, quando da una rappresentazione simbolica del vulcano in attività si passa ad una immagine che cerca, per la prima volta, di contestualizzare l’evento eruttivo, il vulcano e il territorio circostante. Questo è quanto si intuisce analizzando l’iconografia del 1628 di Sebastian Münster, che rappresenta l’eruzione del 1537 tentando per primo una rappresentazione grafica oggettiva che lega il disegno alla descrizione narrativa dell’evento, rappresentato ancora in maniera simbolica. L’eruzione del 1669 è sicuramente l’evento dell’Etna più rappresentato: i suoi effetti sul tessuto urbano e sulla popolazione sono stati i più importanti in epoca moderna. Il disegno di tale eruzione è spesso privo di informazioni vulcanologiche, tranne pochi casi come ad esempio l’opera di Domenico Bottoni, che inserisce nel suo disegno novità importanti che saranno riprese solamente a partire dal XIX secolo: la rappresentazione di più eruzioni laterali, 1364-36, 1669 e 1689, che implica l’introduzione del concetto del tempo nel disegno. La prima dettagliata topografia del territorio etneo si deve a Giuseppe Recupero che, alla fine del Settecento, realizza una carta topografica completa di scala grafica presenza di toponimi e indicazione dell'orografia, con piccoli tratti sistemati a spina di pesce ai lati della dorsale montuosa. Con la Carta Topografica dell’Etna Recupero passa da una rappresentazione “pittorica” (generalmente una veduta prospettica) alla rappresentazione in pianta e in scala. Rimangono però ancora alcune difficoltà che saranno superate dalla carta topografica e geologica dello scienziato Wolfgang Sartorius von Waltershausen (1809-1876), realizzata grazie all’aiuto di validi collaboratori, durante quasi 10 anni di lavoro in Sicilia. Si tratta di una vera e propria descrizione del territorio etneo che dà immediatamente la visione d'insieme dell'area vulcanica, descrivendone graficamente il paesaggio e traducendo in un’unica visione la storia del vulcano. Con Sartorius sono definitivamente affrontate sia la difficoltà di rappresentare sulla carta la complessa struttura plastica del territorio etneo, sia la complessità della visualizzazione in piano dello spazio tridimensionale delle colate laviche che ne hanno modificato la morfologia. Il suo lavoro rimarrà insuperato fino agli inizi del XX secolo.