330.000 100.000 anni fa

Le tappe della formazione del vulcano

Descrizione

Tra i 350.000 e 200.000 anni fa, attraverso enormi fessure eruttive lineari, si poteva assistere alla formazione di imponenti bancate laviche tabulari estremamente fluide, che in diversi punti raggiungevano oltre 50 metri di spessore e che oggi ritroviamo sotto forma di ampie superfici terrazzate, poste a quote variabili dai 600 ai 300 metri di quota nell’area geografica su cui sorgono gli abitati di S. Maria di Licodia, Biancavilla e Adrano. Entrambi questi prodotti vulcanici (subacquei e subaerei) rappresentano le cosiddette Vulcaniti Tholeiitiche Basali ed appartengono allo stesso periodo geologico al quale è da attribuire anche la rupe isolata di lave colonnari di Motta S. Anastasia. Il Neck di Motta è costituito da un insieme di prismi basaltici solidificatisi all’interno di un condotto vulcanico, oggi completamente smantellato dai processi erosivi, che ci consentono di osservare la struttura interna di questo “collo” lavico.

Questi particolari Basalti pre-etnei hanno anticipato lo sviluppo dell’Etna propriamente detta.

Dopo un considerevole lasso di tempo (Pleistocene Superiore: 200.000÷100.000 anni dal presente), ebbe inizio il Vulcanismo detto delle “Timpe” che portò all’emissione di lave a morfologia anche colonnare, con intercalati livelli di ceneri giallastre e scorie bruno-rossastre, originati dall’attività dei primi apparati vulcanici etnei a carattere centrale (Calanna) o di apparati fissurali ubicati lungo la costa attuale (Timpe ovvero salti).

Tra la fine del Pleistocene superiore e l’inizio dell’Olocene inferiore (100.000÷60.000 anni fa), si ebbe l’emissione di colate laviche alternate a livelli di scorie, brecce e lapilli, che oggi formano le pareti occidentali e meridionali dell’attuale Valle del Bove. Le pareti settentrionali della Valle del Bove, presentano prodotti lavici e vulcanoclastici attribuibili all’attività effusiva ed esplosiva del più imponente vulcano, che le testimonianze geologiche ci hanno permesso di ricostruire, la cui altezza massima stimata era di 3.750 metri: l’Ellittico (60.000-14.500 anni fa).

Enormi depositi tufacei di colore rossiccio si possono osservare percorrendo la strada provinciale che da Paternò conduce ad Adrano, in località Montalto di Biancavilla. Tali prodotti rappresentano i resti di violentissime attività esplosive, che hanno dato luogo ad immense colate piroclastiche con meccanismi di nubi ardenti e colate di fango bollente (lahaars), dovute al collasso della parte sommitale dell’edificio vulcanico dell’Ellittico avvenuto circa 14.500 anni fa e determinando la formazione della cosiddetta Caldera del Cratere Ellittico (4 km per 3 Km). Pizzi Deneri, a Nordest, e Punta Lucia, a Nordovest, rappresentano i resti dei bordi originali di questa depressione vulcanica. Tante informazioni sull’Etna delle epoche precedenti sono presentate nel Museo di Paleontologia dell’Università degli Studi di Catania.

Approfondimenti

Tra i 350.000 e 200.000 anni fa, attraverso enormi fessure eruttive lineari, si poteva assistere alla formazione di imponenti bancate laviche tabulari estremamente fluide, che in diversi punti raggiungevano oltre 50 metri di spessore e che oggi ritroviamo sotto forma di ampie superfici terrazzate, poste a quote variabili dai 600 ai 300 metri di quota nell’area geografica su cui sorgono gli abitati di S. Maria di Licodia, Biancavilla e Adrano. Entrambi questi prodotti vulcanici (subacquei e subaerei) rappresentano le cosiddette Vulcaniti Tholeiitiche Basali ed appartengono allo stesso periodo geologico al quale è da attribuire anche la rupe isolata di lave colonnari di Motta S. Anastasia. Il Neck di Motta è costituito da un insieme di prismi basaltici solidificatisi all’interno di un condotto vulcanico, oggi completamente smantellato dai processi erosivi, che ci consentono di osservare la struttura interna di questo “collo” lavico. Questi particolari Basalti pre-etnei hanno anticipato lo sviluppo dell’Etna propriamente detta. Dopo un considerevole lasso di tempo (Pleistocene Superiore: 200.000÷100.000 anni dal presente), ebbe inizio il Vulcanismo detto delle “Timpe” che portò all’emissione di lave a morfologia anche colonnare, con intercalati livelli di ceneri giallastre e scorie bruno-rossastre, originati dall’attività dei primi apparati vulcanici etnei a carattere centrale (Calanna) o di apparati fissurali ubicati lungo la costa attuale (Timpe ovvero salti). Tra la fine del Pleistocene superiore e l’inizio dell’Olocene inferiore (100.000÷60.000 anni fa), si ebbe l’emissione di colate laviche alternate a livelli di scorie, brecce e lapilli, che oggi formano le pareti occidentali e meridionali dell’attuale Valle del Bove. Le pareti settentrionali della Valle del Bove, presentano prodotti lavici e vulcanoclastici attribuibili all’attività effusiva ed esplosiva del più imponente vulcano, che le testimonianze geologiche ci hanno permesso di ricostruire, la cui altezza massima stimata era di 3.750 metri: l’Ellittico (60.000-14.500 anni fa). Enormi depositi tufacei di colore rossiccio si possono osservare percorrendo la strada provinciale che da Paternò conduce ad Adrano, in località Montalto di Biancavilla. Tali prodotti rappresentano i resti di violentissime attività esplosive, che hanno dato luogo ad immense colate piroclastiche con meccanismi di nubi ardenti e colate di fango bollente (lahaars), dovute al collasso della parte sommitale dell’edificio vulcanico dell’Ellittico avvenuto circa 14.500 anni fa e determinando la formazione della cosiddetta Caldera del Cratere Ellittico (4 km per 3 Km). Pizzi Deneri, a Nordest, e Punta Lucia, a Nordovest, rappresentano i resti dei bordi originali di questa depressione vulcanica. Tante informazioni sull’Etna delle epoche precedenti sono presentate nel Museo di Paleontologia dell’Università degli Studi di Catania.
Di notevole interesse per i visitatori, siano essi appassionati di fossili o semplici curiosi, professori o studenti, sono le sale delle collezioni paleontologiche del Museo di Paleontologia dell’Università di Catania. Nella prima sala sono esposti fossili di vertebrati che popolarono la Sicilia durante il Pleistocene come elefanti e ippopotami nani, orsi e cervidi. Al centro si può ammirare uno scheletro completo di un esemplare adulto di Palaeoloxodon falconeri, un elefante alto circa metro. Sono esposti anche pesci, essenzialmente cenozoici, un cetaceo, denti di squalo oltre a vegetali fossili della macchia mediterranea e resti di foglie, frutti e legni di diversa provenienza ed età. Nella seconda sala sono esposti esemplari fossili e attuali appartenenti ai principali gruppi di invertebrati marini. Un settore illustra la storia del Mediterraneo attraverso ricostruzioni paleo ambientali e fossili tipici dei diversi momenti geologici. Pannelli espositivi guidano il visitatore, con approfondimenti su caratteristiche anatomiche e modo di vita degli organismi esposti. Visite guidate e attività laboratoriali con osservazioni al microscopio sono rivolte alle scolaresche più interessate.