9.000 anni fa

L’Etna, un vulcano poligenico sempre attivo

Descrizione

Solamente molte centinaia di anni dopo la fine del vulcanesimo dell’Ellittico, nella parte Sud della caldera, iniziò un’attività vulcanica che avrebbe portato all’edificazione del Mongibello recente o Etna, di cui si distinguono le colate e le vulcanoclastiti a morfologia superficiale degradata da quella ben conservata.

L’Etna è stata interessata da ripetuti eventi esplosivi parossistici di grande intensità avvenuti nel 8140 a.C.; 7100 a.C.; 6100 a.C.; 5000 a.C.; 4280 a.C.; 2840 a.C.; 1280 a.C.; 122 a.C., che caratterizzarono le fasi giovanili di questo complesso vulcano poligenico. Alcuni di questi parossismi non furono nemmeno dipendenti dall’attività del Cratere Centrale, bensì dalle ultime fasi della formazione della Valle del Bove attraverso una ripetuta serie di svuotamenti di camere magmatiche superficiali.

Usando il metodo radio-cronologico del Carbonio 14 è stato possibile ricostruire un altro apocalittico evento vulcanico occorso nel 1280 a.C. (attività violentemente esplosive, oggi conosciute come attività sub-pliniane e caratterizzate dal deposito di estese coltri di materiali tufacei, talora formati con meccanismi di “nube ardente” o di colate di fango), del quale potrebbe essere rimasta un’eco in Diodoro Siculo, nella leggenda dei Sicani che avrebbero abbandonato la Sicilia orientale a seguito di continue eruzioni dell’Etna. È probabile che dietro questa notizia si nascondano i complessi fenomeni che determinarono la diminuzione dei siti archeologici nel Bronzo Medio e ancor più nel Bronzo Recente (1270-1050 ca. a.C.). Altro evento significativo è quello del 122 a. C., che determinò il grande Cratere del Piano. Di tale episodio rimangono anche le testimonianze archeologiche.

Anche il cinema ha raccontato l’Etna, utilizzandolo e descrivendolo nelle sue più svariate accezioni, mostrandone il suo magnifico scenario, adattandolo e trasformandolo a piacimento. Grandi autori hanno attinto ispirazione dall’Etna, ciascuno ha colto in esso le suggestioni che vi cercava: il mito, il mistero, il fuoco celeste, la spiritualità, la natura orrida oppure le intemperanze e le passioni delle sue genti.

Approfondimenti

Denominata anticamente dai greci Aìtnë, gli arabi la chiamavano Djebel-Utlamat (Montagna per eccellenza), i romani la chiamavano Mons-Djebel (Monte-Monte), i siciliani Mungibeddu, (Bella Montagna). Il veneziano Pietro Bembo nel De Aetna (1496), la definì “Montagna non coniugata” per sottolineare la sua unicità nel contesto geomorfologico della Sicilia.
“Ricordo d’aver visto, molto tempo fa, un’adattazione cinematografica di Cavalleria rusticana, fatta da una casa parigina. Ne riportai un’impressione di disgusto, e, al tempo stesso, d’ilarità, che si rinnovella sempre al ricordo. V’era un’Etna che lanciava un rivoletto di fumo non dissimile da quelli che emettono i tubi fumarii d’un qualsiasi calzaturificio a vapore. Evidentemente il meccanismo adottato per una così irrispettosa profanazione non aveva potenzialità sufficiente per una più verosimile emanazione di fumo vulcanico: ma la film doveva andare subito in scena…”. Con quest’ironico commento apparso su “L’Arte Muta” scritto in occasione della prima versione ufficiale di Chavalerie rustique (1910), Elce (così si firma il recensore) chiama in causa il finto e ridicolo Etna precariamente approntato in un film francese di difficile attribuzione registica, che tuttavia segna l’esordio del maestoso vulcano nel cinema di finzione, ove si escluda il precedente documentario L’eruzione dell’Etna del 1909 di Giovanni Vitrotti o le riprese di Raffaello Lucarelli (1907) documentaristi dell’epoca muta. Da allora (e forse ancor prima) e fino ad oggi il cinema percorrerà i territori etnei con una frequenza “carsica”, apparendo e scomparendo, attraendo magneticamente dal muto al sonoro decine di registi e documentaristi. Etna, presenza talvolta debordante, altre volte baluginante eppure irrinunciabile, semplice contenitore del racconto cinematografico, sontuosa decorazione per sfondi lontani e misteriosi, luogo "doverosamente" deputato (soprattutto nei casi di trasposizione letteraria) ma anche d’esteriorizzazione di violenti contrasti o del deserto dell'anima, "necessità storica" per film d'epoca, a volte locus amoenus di saporose ed odorose atmosfere, pretesto per passeggiate turistiche, luogo della memoria. Generazioni di registi tra i più prestigiosi al mondo, presenze "autoriali", senza cui il cinema oggi probabilmente non sarebbe lo stesso, hanno cercato percorrendo il territorio etneo verità terribili ed elementari: dalle passioni più violente ai sussulti più reconditi dell'animo umano; dalla lotta spietata e disperata per la sopravvivenza, alle condizioni d'una esistenza finalmente affrancata dal bisogno e dalla paura; dai contorcimenti e dalle degenerazioni dell'eros (tra lepidezze e morte) all'inconsistenza o levità dei sentimenti; dalla purezza degli ideali alla corruzione e al tartufismo più spregevole; dagli oscuri recessi a fuggevoli intuizioni di bellezza; dal mito alla storia. Dichiarata patrimonio dell’umanità nel 2013, generatore di miti e leggende, spettacoloso vulcano e imponente massiccio montuoso siciliano, dove è ancora possibile alle alte quote, in prossimità dei terribili e stupefacenti crateri sommitali, sbalordire di fronte all’oscura e abbagliante visione di paesaggi molto simili al mondo primordiale di milioni e milioni di anni fa, l’Etna ha goduto nel secolo dell’immagine (e continua a farlo) d’una esaltante attenzione dell’industria cinematografica e televisiva del mondo intero, mostrandosi come un divo hollywoodiano in tutto il suo orrido e meraviglioso fascino ancestrale, per regalare al moderno “iconauta” indimenticabili emozioni.